venerdì 19 febbraio 2010

retorica eidetica - la pagina illumina


STUDIO di Tania Letizia Gobbett


L'opera, così studiata, è il frutto della rielaborazione elettronica dell'immagine che ha come presupposto il processo di istruzione - ricerca del significato. L'immagine elettronica soggiacente l'analisi viene dalla banca dati della Zanichelli, di cui il manuale di storia dell'arte di Cricco e Di Teodoro ha offerto una ottima banca dati in cd rom per la ricerca, oltre a qualche forma di collaborazione segnatamente a qualche contributo - il ritaglio ravvicinato su David è suo, il rovesciamento stile pasta sfoglio, mio. Per lo studioso di storia dell'arte, per il docente, che ha a che fare con i nuovi media sempre di più, anche per derivazione formativa, dove non manchi coesione c'è la pratica: per esempio ho studiato grafica ma, ho disegnato molto prima di saper tracciare un raccordo con il computer, ho fatto migliaia di cerchi a mano, con il compasso, ho usato il famoso balustrone e fatto un corto su un piano diffusore con un semplice foulard - ragionando stile Le Courboisier sulle immagini in schematiche dissolvenze, come se potessero essere un segno contro la tragedia dell'AIDS, un'intenzione di ricerca; anni dopo all'Accademia delle belle arti di Bologna ho risposto con un bozzetto ad un call per un'opera per l'Ospedale Rizzoli, mi è venuta una serie di quadrati con dei grafi, ricomponibili e ricombinabili; poi non c'è cerchio senza apotenusa perpendicolare. Quando ti accorgi della purezza del disegno su pc, hai solo la paura della quantità e della fretta, questa paura non lascerà mai l'artista - non so cosa pensino i musicisti, ma quando sento mia nipote studiare il piano sono contenta che abbia ereditato il piano della prozia, diplomata al Conservatorio di Santa Cecilia di Roma - le note toccano l'orecchio, lo plasmano, danno forma al gusto, così il disegnatore non solo deve conoscere i suoi strumenti, ma i suoi organi e sensi per comprendere appieno il valore dell'arte. Così gli storici dell'arte che hanno fatto l'Istituto d'Arte sanno molte cose di tecnologia, di disegno, di scienze naturali e di chimica, di materie letterarie e storico artistiche, ma fanno anche progettazione e psicologia applicata perché ogni oggetto che inventi, che studi deve poter essere ratificato con certe norme progettuali che passano di fase in fase prima di essere restituite. La cultura umanistica del XV secolo non era priva di congegni progettuali che noi definiamo canoni almeno dai concili sull'architettura basilicale ecclesiastica che dalla grecia classica, che è la prima che si dà delle norme non assolutistiche ma non di meno prototipiche. Deriva alcune abilità legate alla percezione sistematica delle cose; per questo nascono gli stili o ordini architettonici. Se analizziamo la sintassi espressiva di un'opera tramite l'iconografia scopriamo le rime plastiche e cromatiche prima dei valori ritmici che potrebbero esser dati da rapporti matematici, secondo qualche coscienza astratta. Non di meno con un occhio di riguardo all'ingegneria romana. Guardare per credere: l'arte dimostra i propri limiti o l'eventuale modo di superarli. Ieri ho visto un documentario sulle trincee, così ad un certo punto mi è venuto in mente questo studio. Non so, sarà assurdo pensare che gli eserciti del XV secolo differivano la difesa della città con metodi simili? Chissà. In tanto a Rovereto nel sottosuolo, c'è un tunnel che arriva quasi fino a Calliano, dicono, io ne ho visto un pezzo. Certo quello del cavagliere John Hawkwood era un sepolcro in Terra Santa, sulla stregua della tradizione cristiana: nella chiesa stessa.

    L'informatica, nella ricerca storica artistica potrebbe servire per neutralizzare considerazioni indebite e cercare nonostante le possibili tentazioni di revisionismo, di disoccultare le teorie disimplicandole (Fabbri, dall'"Introduzione" a Dell'Imperfezione di Greimas) da usi ideologici - chissà se è come camminare per i campi, come il nostro personaggio del Buon Governo di Lorenzetti a cui dobbiamo l'uso della cassetta, borsa degli atrezzi curatoriali. Anche per tradurre ci vuole una certa esattezza (L'angelus di Walter Benjamin o se guardiamo cosa combina con le piume David, una certa giustezza di regole - in Caravaggio palma della resurrezione, non siamo tanto lontani dal concetto del libro dei morti in tutto il Rinascimento a ben vedere e persino Napoleone sembra venga dotato da David di uno di quei libri per consultazione sopra il quale è disposta la piuma "anagrafica". E cosa ne pensate di attribuire alla formula E=mc2 un ché di tanto breve quanto la giustezza di una piuma? Un certo anticatastrofismo genealogicamente storico qui sembra darci qualche intenzione di metodo. Un saggio di storia dell'arte medievale precisionista. Certo il basamento è donatelliano lo avrete già compreso. Lo sguardo da tergo forse allude alla resurrezione, o è una curiosa analogia del logos egiziano, cosa si può dire del giovane x? chiediamolo a Dante, magari lungo il cordolo, nodo su nodo troviamo un percorso ascendente e discendente, virgiliano tout court anche per la storia dell'umanità.



Stesso schema - ma sotto sopra: "meta" | lo spazio è già metalinguaggio
Quello che si nota è il riporto sulle ante, lo schema sensibile presuppone il concetto di accesso all'opera, che contribuisce a rendere verificabile il suo innesto prospettico. Come si vede da queste vele proiettate, la geometrica non solo interdefinisce gli oggetti, ma è un tratto di antropologia dell'immagine che ha alcuni suoi perché. Forse andrebbe chiarito meglio, proverò a spiegarmi meglio, cercando di motivare alcuni problemi in chiave semiotica, di rapporoti costituzionali con l'immagine, della presenza di regole di trasmissione e storicizzazione, di presa.

Dalla tarsia all'opera su tela - Sandro Botticelli
Lo spazio del fruitore è marcato, anche lo zoccolo del bordo inferiore rende l'opera nobile, si capisce che la struttura è minima, tutto inquadrato in un sistema che può gemmare, esser visto come attraverso un prisma, a condizione che la figura umana sia la misura dell'opera e lo sguardo la sua regia. Il Rinascimento botticelliano, uno dei più complessi artisti del quattrocento, è essenzialmente antologico-saggistico e lo dimostra la possibilità di raccordare modelli e studi, misura e proporzione volta al gigantismo architettonico della pittura di interni. Quanti sono gli spazi previsti da Botticelli? Quattro dice Calabrese. Qui rischiamo di dire cinque: oltre lo spessore dell'opera, lo spazio illusionistico, lo spazio del fruitore, lo spazio reale dell'opera, un rialzo strutturale di I stile che non fa che enunciare la complessità della materia, della natura del linguaggio dell'opera, quale elevazione della pittura a gioco di stili migliore? Rimane il dubbio che questo spazio, questo bordo, una volta marcato non vada reso attraverso le diagonali, in tal senso si esaltano proprietà diverse: così com'è protagonista è lo sguardo, ma altrimenti sarebbe la misura stessa della figura umana, nella presa delle spalle. Si tratta di ipotesi, in fin dei conti rimettono allo spettatore la necessità di una seconda occhiata per giungere ad una corretta interpretazione (Piero Montani), come quando devi aggiustare il punto di vista, scostandoti e non resta che vedere se calza, come sull'opera dell'Hayez, dove s'è già notato che non è una pittura frontale, ma da guardare di scorcio. La frontalità suscita nell'Hayez una certa volgare carnalità, come ritrovarsi con il sedere in primo piano - lo scorcio da sinistra, invece rimette alla profondità illusonistica l'ambiente complessivo inserendo la figura in un sensibile quadro di scorcio atmosferico: un dimagrimento prospettico efficacie, direbbe l'antropologia dell'immagine. Un ingentilimento 'dovuto', direbba la scuola dello sguardo rinascimentale.


Un che di già detto: è un trattato di retorica visiva sui diritti umani
Resta il gioco di intersezioni quale forza delle determinazioni oggettive narrabili, da ricostruire del tutto intertestualmente.
Mi piace l'osservazione di Alessandro Torboli: quella penna impugnata, è il segno di una persona che non ha lasciato a parte il suo destino, nonostante ciò che è avvenuto. Il teatro insegna! Una concezione partecipata di quella presa che non avrei sentito così protoromantica e postmoderna, così radicalmente davidiana! L'osservazione di Elisabetta Castenet, docente di filosofia, anche mi ha colpito molto: l'icona che vediamo sullo spigolo, emblematica per la questione dell'interpretazione, potrebbe essere una proiezione - sulla soglia di ciò che Marat ricordava ... e così abbiamo ridiscusso: meglio Bergson, sicuro dell'unità scenica, tuttavia ne articola il tempo in modo ipotetico, come dice Russell o attenersi ad una sorta di schematismo husserliano: schema come memoria. Rileggendo qualche idea di Kosslyn abbiamo una alternativa di metodo: una memoria da rigenerare sul fatto storico, non semplicemente un indizio a comando - ma se fosse anche questo il punto - tutti noi sappiamo quanto il pensiero possa ingannare, intralciare a volte - e funzionalmente tuttavia è un coadiuvante della fissazione linguistica per ripetizione. Il saggio qui esposto tuttavia pone dubbi costituzionali ammissibili: l'eidetica schematica dimostrata potrebbe essere intertestuale e da dove viene quella forma schematica che Paolo Uccello usa per la sua opera? Non sarà una sorta di universale schematico?Dunque se il 'canale' assurge di per sé a forma schematica, la semiotica generativa trova nella conferma eidetica una delle sue più flessibili e capaci strutture ragionate della semiotica del discorso, anche se certo non l'unica, a rendere conto di una scuola interattiva del senso anche se sommaria più che altro e quasi ondivaga nell'abduzione. Gli intuizionisti forse direbbero che l'idea è già nel senso, nella sua logica si pongono le basi della sua estrazione volta al linguaggio. Ci accontenteremmo di pensare che in quell'opera poteva esserci un senso più elevato e che ciò andrebbe dimostrato perché ormai nè abbiamo colto gli elementi e gli oggetti: forse anche questa è una sorta di rete. I contrasti, la posizione degli elementi materici, la trasformaizone marmorea del corpo, la successiva fissità della mano che detiene la lettera di Charlotte, indizio troppo labile e quasi costruito, la penna sullo scranno proprio in quelle prossimità, giudizio storico a posteriori, lo spigolo che ricostruisc il volto, emblema di un rovesciamneot del punto di vista, voluto, dall'artista per rendere il dubbio costitutivo dell'analisi: l'opera è interrogazione del dato, del fenomeno, ne assume il caso, come un avvocato e difende la sua sceneggiatura, scoprendone la trama.

Nessun commento: