venerdì 11 settembre 2009

Nicholas Cage - Knowing

Curioso è dire poco - da rivedere di certo - la cosa strana è che si sente nell'aria la domanda: poteva essere peggio di così? - e un vago: un tranquillo film di scienze indicato per tutti - Strano a dirsi per un film che dovrebbe essere canonicamente esagerato - insomma come ci siete riusciti a tenervi nei margini? Tutto è ricondotto al linguaggio naturale, persino i cosidetti segni, sono sempre comunque restituiti, tra le cose più carine, nel lessico famigliare e poi come se fossero al massimo artificiali nel linguaggio fantasy dell'animazione: comprende il movimento e lo anticipa - in un gioco rassicurante di una cosa sola per sempre... e sarà - scaramantico! e affettivo! per sempre... come l'amicizia. La cosa buffa, drole è quel labiale (mi sono chiesta se Nicholas parlasse il francese qui e là e poi in un inquadratura sulle sue labbra, se suonasse il clarinetto o il sax qualche volta) che sfiora quà e là un'assenza di provincialismo - come se il film cercasse di essere "un corso" di filosofia da camera: come dire poi meglio di così di non prendersela troppo per tutti i cabalisti etc. forse non dormono tanto bene, o magari vanno alla toilette un giorno si e uno no. Senza contare che l'anima magari si rispecchia in modo asimmetrico come il dna ellitticamente, per chi ci crede nel parallelismo. Catastrofi alla René Thom che noi conosciamo anche attraverso Omar Calabrese (Il linguaggio dell'arte) poi Jean Petitot, tenute sul filo del rasoio del discorso (e centra un po'anche Hoccam) ma la mia è ironia (tra codice a barre e Mr Cage - ci vedrei anche qualche griglia culturale per una semiotica degli stili un po' contro la banale o stucchevole ripetizione), che adesso diventano una piccola filosofia portatile per il messaggio dal futuro di un cervello operativo-generativo che sta altrove. Non riesci a ridere solo perché non puoi piangere se quello che è successo effettivamente è vero e quello che succederà è abbastanza possibile e ce l'hanno raccontato già alle elementari - rideresti se dal freddo o dalla paura scampassi a brucia pelo una situazione simile. La sensazione che l'umanità in un punto o l'altro scopra la propria indefinitezza - è già un punto.

Osservazioni: ottimo taccuino di ricerca per chi volesse prenderlo come un esercizio di stile alla Quenau, tanto che il film potrebbe essere rimixato con elementi anche più distaccati o passatisti e probabilmente avrebbe solo qualche variazione di gusto tra ateismo smaccato e filosfia della scienza subrealista: quella insomma della persona comune che ha i suoi post quotidiani da rispettare, film che dura poco forse a causa di un finale troppo angelico che quasi nemmeno gli attori contengono completamente la tensione tra essere "doc-doc" ed essere guidati da fantasmini - ma d'altra parte... ah bellissime le querce e l'albero bianco alla fine.

Volevo dire qualcosa sugli ambienti che trovo abbastanza irresistibili - negli interni, per gusto: certi rimescoli di Romanico nell'architettura della casa - quell'aspetto floreale nelle decorazioni del tetto in facciata, che ricorda le chiese romaniche che avevano vicino il cimitero - (chi conosce un po' l'archeologia preistorica maltese o della Sardegna sa cosa intendo) - ma che resta abbastanza polisemico per essere un trivio - insomma mi sembra un film che riesce a ricucire in sintesi alcune cose benissimo - e poi infila incontri che sfiorano la banalità mentre assumono un volto ignoto: ti ricorda quanto facilmente sembra di conoscere qualcuno e quanto altrettanto rapidamente ci si dovrebbe ricordare che non è poi così vero... insomma un registro da chat story e uno molto più profondo da scrittura manoscritta ed emanuense. E questo credo sia un buon risultato e forse un metodo imprevedibile ma abbastanza narrativo in sé - dialogico. Così con uno sguardo a secco, l'affresco non si vede che forse in qualche impercettibile momento e si è nel dubbio, la percezione è di una sorta di spessore dissimulato, lasciato emergere quà e là: con certi piccoli guasti retorici non ci si fa nulla: meglio quella aperta analogia del sé. A volte, a vedere com'è una famiglia di un single ci si direbbe - dove hai messo lo scaccia chiodo - ma non ci sono vetrine per le gazzelle da biblioteca: il processo delle idee è una sorta di cristallizazione indefinita che puoi amare o lasciare. Eccetto quell'accelerazione un po' invadente del solitario che cerca una perfezione tra le corrispondenze accartocciate. Non c'è il peso dell'autobiografia - solo il velo del "così come sarebbe"? Lascia uno spazio nell'anticamera del discorso successivo, come un buon commensale che non strafà mai a cena.

A proposito della "roba" di Lucilla - l'horror trattenuto dalla disperazione umana più immediata: voler sapere e voler comunicare anche se non si capisce ancora nulla - le due E rovesciate alla fine facevano pensare a mille scenari possibili che comprendevano una AT o una AL (l'intelligenza costruenda, architettonica o quella linguistica, talvolta decostruttiva)- forse una e-mail - un'emboittement di quelli visti nei documentari sumeri, una email cloisonné - un regolo aristotelico modificato in modello operativo da C.S. Peirce, per poi scoprire che il sistema delle proporzioni che soddisfa la regola dell'umanesimo filosofico e antropologico è dato dal timore di giocare con il fuoco, il sistema dell'I-Ching che con il 32 si rovescia ma poi arriva al 63 e ti avverte che si rovescerà la clessidra di nuovo, è comunque in sessantaquattresimi. bug

Basta ritornare un po' bambini per accorgersene. Il mio voto è dieci e lode - per l'ironia e la capacità di ricucire con semplicità un sacco di pattern possibili. Bastava un po' di più di fantasy stucchevole e credo sarebbe diventato un polpettone per qualche setta - invece è rimasto in un limite accessibile - all'idea autoriflessiva di cinema come lanterna luminosa, come lampada sul discorso veridittivo.

Ho detto troppo - non sarei riuscita a trovare una soluzione più efficace allo stesso problema - spero che non ne voglia male ti dico grazie per l'interpretazione.

Grazie e ciao!

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