sabato 15 novembre 2008

jazz al MART di Rovereto

Il jazz è tutto: incisione psicogrammatica, sguardo sulla nuova città, pittogramma sonoro

Se si guarda con attenzione alcune cose davvero buffe vengono dalla BNF. Il suo umilissimo, ma grande, repertorio di storia delle voci ci riporta alle copertine delle riviste di musica Irrockutible: se non mancate di guardarvi quelle relative al Jazz e la filarmonica, vi accorgerete che questa musica suona sulla città, la vivifica e la rende vivida al suo interno, la dipinge e le restituisce un abito che conquista le pieghe del genio facendosi classica.

C'è di tutto, dalla grafica alla pittura che sa ancora di spartito sperimentale, dall'imposizione di un atteggiamento enfant prodige al culto letterario. E non è un caso che il jazz sia stato irresistibile per la prima street style: l'orchestra dell'uomo della strada, il linguaggio diretto e disinteressato della sperimentazione e il tip tap.

La pittura è calda, come il cinema e la poesia unisce il glamour di una certa mania del possibile con la sobrietà della prof. di lettere che cerca di attualizzare gli strumenti per leggere la letteratura del dopoguerra. Non poteva non nascere in USA dove si cercavano i colori nuovi dell'esistenzialismo. La motivazione forse è più quella della parole sartriana che dello straniero alla Camus - che il jazz dica "si-si", non so, certo dice "bi-bop"!

semiotica e mente - connubio possibilista

Alcuni spunti per questa riflessione vengono direttamente da un bellissimo numero di VISIO, volume 4 numero 3 autunno-inverno 1999-2000, intitolato ad uno specifico che interessa sia la scrittura che la percezione che abbiamo dell'opera - insomma tra storia e conoscenza: Contruire l'histoire de l'art au 19e et 20e siècle. Gli articoli di fondo sono ben nutriti, dal taccuino storico culturale dell'artista, alla fondazione del museo. Ma a ben guardare è un articolo ben meno evocativo che tocca la questione: Andrew W. Quinn, Représentatio, perception et questions d'ontologie: anthropologie culturelle et cognitive. La bibliografia è certo corposa. Le riflessioni tra congnitivismo e filosofia colgono il segno: la stratificazione. Certo c'è da dire che qualche anno fa, Eco ci ha detto che la considerazione sul continuo categoriale era stata studiata da Peirce in termini di percezione del colore, ma anche come cognizione. E non è un caso che nel suo medello lo troviamo come disegno-continuo-categoriale. Non c'è incompatibilità tra l'idea di laboratorio dell'immaginario e conoscenza sensibile e a ben guardare l'affinamento della dinamica della definizione dell'oggetto.
Poi ho ripreso un articolo che ho trovato tempo fa sul web sulle mappe mentali e architettura e non ho potuto fare a meno di cercare un modello storico culturale a questa ontologia - non nel cubicola romano o cristiano ma nello 'studiolo' - esempio di fusione di stili. Ci sarebbero molti esempi, e tutti proficui, ma l'esempio più curioso dovrebbe avere delle caratteristiche che veramente testano l'abilità cognitiva del soggetto. Non vi dico qual'è - ci sto lavorando. Fra un annetto lo saprete in tutta la sua bellezza: ho l'impressione che nel sistema delle passioni una posizione di indubbio colore e calore affettivo per qualcuno, possano avere certe "stanze" vuoi metriche poetiche, vuoi riassunto sintetico di suoni e immagerie fantastiche come nel Boiardo, vuoi perfezione angolare e cinematografia scenica come nell'Ariosto, ma se qualcuno ben ricorda tutti questi autori hanno a che fare con una delle problematiche maggiori della cognizione: il ruolo delle passioni nell'elaborazione creativa [c'è chi gioca, chi critica e basta, chi assume atteggiamenti pratici e domanda, chi utopicamente instaura un valore non plus ultra, dice J.-M. Floch e se ben guardiamo a scuola c'è spazio per un utente indifferente, uno scostante, uno ludico, e qualcuno che polemicamente ricorre di continuo alla pars destruens - certo un bel da-fare].

Ci siamo vicini, alla fondazione di quella che qui chiamano relazione motrice intrinseca o qualcosa del genere - dov'è la scatola degli altrezzi dei nostri amici della mente e del cervello (tracce o impronte che siano)? Io provo a dire nell'immagine, nella sua rappresentazione come summa ecologica e mnemotecnica ben formata - questa si è movimento da una passione, da un campo all'altro senza bieche sovrapposizioni ma con un continuo feed back dimostrato dalla ripresa del discorso dell'altro - integrzione dei laboratori, noi diremmo, nei confronti di una capacità creativa appresa, magari in termini di rapporti tra scienze. OGGI, ma spero ben oltre il quotidiano, anche nell'hobby, preferisco vedermi come una persona che si mette dalla parte di chi li strumenti li rinnova e li innova, che crea dimensioni valutative piene, che cerca la socialità e non rifugge anche uno spazio on once own - se necessario - purché questo, come nell'esecuzione di un compito, sia possibile e agibile da tutti. La prima persona che troviamo con la borsa degli atrezzi in mano che va per campi è dipinta nell'affresco del Palazzo Pubblico di Siena, Ambrogio Lorenzetti - Il Buon Governo. Quando tutti gli elementi si sovappongono, [simulazione, leggibilità, interpretazione, significazione | ispezione, generazione, trasformazione, rigenerazione] la persona apre finalmente la porta e si trova a cospetto della natura, finalmente, da un punto di vista maturo e corretto, nel rapporto tra macro linguaggio naturale e macro linguaggio della natura (mi basti citale L'oeil et l'esprit di Maurice Merlau Ponty forse per allineare il corrispettivo Rosslyniano - quest'ultimo che non conosco ancora bene - ma sono curiosa) in senso pieno e solo alla condizione della struttura ben formata, scatta qualcosa: un attenzione che diviene comprensione della natura e dell'arte al tempo stesso che costituice l'inizio del senso del genio del '400 e poi non finisce più di doversi confrontare con un umanesimo di ritorno (Nelson Goodman included).

Vorrei portare questo sistema, se così si può definirlo, che non so se chiamare competenza latente e funzionale o trasversale o meglio costruttiva, per il festival dell'associazione internazione di semiotica. Certo sono curiosa se posso leggere di più le cose di Mahon e quelle di Quinn, di Jackerson e di Rosslyn. Ma non ho la pretesa di riucire a dire tutto e poi riguardarmi le mie e quelle della semiotica dell'arte e del visivo, della linguistica alla Jakobson piuttosto che della traduzione intersemiotica, della semiotica alla Eco. Ho solo un pugno di esempi e vorrei che in questi esempi storico culturali ne spiccase almeno uno che ha le valenze che qui (B.M.) cerca di dimostrare o ha già dimostrato - solo, ben immerso, in una copiosa semiotica della cultura e dei processi congnitivi. Nel frattempo, spero non mi consideri impertinente, se cercherò l'origine della neurologia e dei primi studi anatomici del cervello - credo di trovarli sistematicamente ad Urbino - ce lo dice Ruggero Pierantoni, ma non è escluso che si tratti anche della prima trattatistica tra arte (pittura) e scienza (disegno).

Quest'anno coi ragazzi e le ragazze della VD del Liceo Scientifico abbiamo giocato a trovare i connettori isotopici che potevano essere strategici in questioni di movimento da un processo ad un sistema. Ne abbiamo trovati alcuni da Cezanne a Manet, da Delacroix alla at della mail @ - fino a farla diventare un algoritmo sommativo-rotativo in cui il 4 resta sempre fuori, come una specie di perfect number - l'osservatore che costruisce, il costruttore come nella trattatistica brunelleschiana, e precedente, dove il master tiene lo sguardo sull'opera e sugli operai, ma la , e ne favorisce poi la mise en page - abbiamo giocato a trovare i connotatori positivi e negativi della numerologia nel cinema e che catastrofe... Resto dell'idea che sembra una di quelle girelle con l'uvetta, molto caloriche...uno psicogramma congitivo che inverità assomiglia alla pizza alla napoletana, o una città ideale con tanti edifici diversi e incongruenti geograficamente come in Mantegna.

Comunque una teoria AT o AL che dica se viene prima l'architettura o la letteratura, c'è già in Leonardo - ha ragione Eco quando dice che siamo nani sulle spalle di giganti... questione di prospettiva.

Basta pensare a Guernica di Pablo Picasso e cercare di dare un senso proprio alla luce, e persino a Las Meninas di Velasquez, per accorgersi che il mondo fisico del conoscere, quello luministico del vedere, seppur anche riflesso, è già modalizzato in un voler sapere e nel saper-poter o voler credere più di quanto le operazioni modali rispettino nella realtà: una tensione tra immaginario e semiotico è possibile ed auspicabile - si, come speranza di civilizzazione e di ricerca.

Il giudizio estetico kantiano sembra formrsi sul gusto, sull'interazione sociale, quello aristotelico sul tatto, sugli effetti di presenza - forse nel secondo c'è ancora traccia della necessità dell'educazione.

mercoledì 8 ottobre 2008

Impressionisti al MART

La mostra è qualcosa di interessante, di ecologico. Come se si trattasse di guardare in casa d'altri, ospiti nel caloroso living room dove una donna che assomiglia a Virginia Woolf ci fa ammirare il "suo" impressionismo, quel vivere con l'opera scelta non come fatto casuale ma come ispirazione meno scontata, scelta a condizione che sollecitasse un'attenzione particolare, che rispondesse ad un canone.
Appena mettiamo piede nella mostra, la sensazione di scelta curata emerge sin nei dettagli: il suo impaginato, i suoi colori ricordano un ambito sobrio, quasi da cascina milanese, ritornano echi lombardi anche nel modo di insinuare la grafica, come un livello editoriale che ne accarezza velatamente la squisitezza e si alza dai pavimenti umilmente come primo accesso all'opera - così i passi che senti interno rispondono ad una sensazione di limpida calma - i colori delle opere vi si assimilano come per emergere dall'arredo con una sorta di intenzione estetica creatrice che avviluppa qualunque dubbio per farlo volare nel cestino lontano chissà forse nell'ombra ...
"A me piace quello con la frutta" dico ad una amica - credo perché i colori aciduli si fondono, lasciano parte della loro intensità a vantaggio degli altri, in una soluzione armonica che gradualmente fa emergere un po' della sua maturità critica, solare, mediterranea. Ci sono opere che hanno un gusto etnografico: l'antropologo che ha visto la danza del fuoco, in un estate meravigliosa in qualche villaggio lontano, sembra immergersi nello spessore del ricordo pittorico, per far risalire a quell'opera le sensazioni dimenticate. Appena più in là, ci verrebbero in mente tutti i pensierosi lavori di Bonnard, dove l'aria è satura come se vivessimo una giornata di settembre ancora calda, incapace di raffreddare i sentimenti intensi per ogni aspetto che risulta mosso da un'ansia di vivere e di non perdere nulla dei propri ricordi. Dopo aver letto Proust, si pensa alla capacità dell'autore di inventarsi una ricetta "povera" dell'Impressioniasmo letterario: ti sembra di essere sul treno mentre stai scorrendo un paesaggio lungo la costa e il sole entra debolmente per una nebbia diffusa dal vetro - dopo un po' chiudi gli occhi e vedi in negativo quello stesso sole che si levava al mattino presto, ogni giorno. Proust incanta poi con l'idea, sempre povera quasi astratta del montaggio dei suoi personaggi come se avesse davanti a se il metodo Laban: scheltrini disegnati con la matita, con poche linee che man mano si riempiono di folgoranti descrizioni, e poi concrezioni come se la vecchiaia e la memoria riuscissero ad impastare il ricordo; ed è sempre Proust che stando dalla parte degli Swans, decide come aggrottando però un po' il sopraciglio di darci la storiella di una commessa di casa, qualcosa di più di una badante, mentre preparandosi per l'autunno rovescia e ricuce la giacchetta cerata. Quando l'autore riesce ad usare quello che ha, ciò che gli appartiene nel senso vero del termine, credo che nasca il vero senso della letteratura - da lettera - da quello scrivere operoso che si fa sul tavolino prima di andare a dormire, per la grazia delle amiche che riescono a cogliere lo spirito. Si, potrei dire che della mostra sugli Impressioinisti che il Mart è riuscito a carpire, si insinua una logica di stile persino nella grafica che accompagna l'allestimento... non sai se è doratura o umile sabbia d'oro, o qualcosa di ancora più arcano e mobiliaer come il residuo delle conchiglie raccolte sulla spiaggia... ma si impasta bene il tutto, come nella madelain - certo a sentirci parigini solo con un guizzo proustiano non ci vuole molto, ma il gusto c'è: ce lo prendiamo con il caffé dopo aver ricordato certe opere del '16 di Depero, dove il frame questa volta, la cornice, non è colorata per decoro - è un manifesto - sembra presa dalla legnaia!

A me l'Impressionismo fa pensare alla vecchia Londra degli anni '80 quando, verso il 1986 esprimevo la gioia più curiosa di vivere danzando per la strada, con un vestito da sera lungo di mia nonna e una giacca di camoscio leggera, un paio di scarpe inglesi e la sensazione che tutto il mondo fosse pieno di cose meravigliose. A volte nel dopo lavoro, solitaria per le strade affumicate della zona di London Bridge, dove alcuni archeologi più o meno improvvisati trovano opere di indubbio valore, anche se talvolta minuto, restavo a guardare cosa trovavano, ed erano menete, vasetti, bicchieri argentati lavorati a sbalzo e così ne ho acquistati due piccoli per poche lire. Lavoravo in un pub che sia chiama The Anchor sul Bank Side, e poco distante nel 2000 hanno ricostruito il Globe Theatre. Quel pub del XVII secolo si dice che era pieno di fantasmi, così anche sulla sedia di una certa Miss, non si poteva sedere nessuno. A Londra, con quella sorta di magia delle cose che ritornano tramite la marea, una persona non deve mai perdere la speranza e darsi da fare, significa restare al passo con le cose che cambiano, oltremodo ovunque, repentinamente. Il colore, i mercati, Covent Garden con le sue bellissime forme di arte di strada, d'architettura, scelgono per te: il tuo sguardo non si imoverisce, non si deprime, mai. La sensazione che qualcosa di queste promesse sia mantenuto c'è, anche se poi il turista cerca i simboli delle pagine consumate sui libri di storia - l'ideale è provare a distaccarsi un po' dalle solite pagine e vedere cosa torna - se da un pensiero personale, da un'esperienza che ha lasciato un segno davvero particolare, poi ritorna quel sentimento vero e vivido assime a qulcosa di più profondo, quasi una sorta di immagine di storia, della propria autobiografia, ancorata al proprio divenire, mossa a questo, senz'altro fine che ritornare nella memoria visiva di tutti quegli sguardi vissuti...


prima datazione 15.09.2008

giovedì 2 ottobre 2008

quotes - archivio storico del corriere della sera on line

DIVISIONI Da ieri a Siena un congresso internazionale con 250 studiosi di una disciplina ormai spaccata in due filoni: " cognitivo " e " testuale "
NELLA SEMIOTICA VINCE IL BIPOLARISMO. MA UMBERTO ECO E' IL " GRANDE CENTRO "

Da ieri a Siena un congresso internazionale con 250 studiosi di una disciplina ormai spaccata in due filoni: "cognitivo" e "testuale" NELLA SEMIOTICA VINCE IL BIPOLARISMO. MA UMBERTO ECO E' IL "GRANDE CENTRO" Si e' aperto ieri a Siena, nei locali dell'antico ospedale di Santa Maria della Scala, il quinto congresso dell'Associazione internazionale di semiotica visiva. Il meeting raccoglie ben 250 studiosi di semiotica applicata all'immagine provenienti da tutto il mondo e durera' fino a domenica 28. Sono numerose anche le "guest star": ieri ha parlato Paolo Fabbri sul tema dell'intensita' nell'enunciazione per immagini, poi tocchera' al russo Boris A. Uspenskij, allo svizzero Jacques Geninasca, ai francesi Jacques Fontanille e Jean Marie Floch, alla canadese Fernande de Saint - Martin, al franco - siriano Manar Hammad, alla brasiliana Ana Claudia Oliveira, mentre si terminera' in gloria con Umberto Eco sabato. La riunione senese ha un tema: "Semiotica visiva e sensibilita". In parole povere, cio' significa che ci si chiede come la significazione si rapporti alla sensorialita' umana. Una volta, infatti, linguisti e semiologi risolvevano la questione separando l'aspetto fisico e materiale (il significante) dall'aspetto concettuale del segno (il significato). Quasi a dire che gli apparati sensoriali ricevono delle sensazioni strutturate che sono poi portatrici di senso, come se quest'ultimo fosse soltanto il loro livello cognitivo. Ma le cose non sembrano piu' cosi' semplici. La sensorialita' puo' determinare il contenuto, dando luogo a interpretazioni anche non cognitive, come l'esperienza estetica e quella emotiva. Ecco perche' si parla di "sensibilita", perche' questa parola contiene sia il riferimento ai sensi che quello ai sentimenti. Si tratta di una delle "rivoluzioni" della semiotica negli ultimi dieci anni. Infatti, mentre proseguiva la tradizione filosofica che considerava questa disciplina come una teoria della conoscenza, si e' avuto il risveglio di un'altra semiotica, di origine linguistica, che resta ancorata ai messaggi e ai testi. Si puo' anzi ormai parlare di due semiotiche, una cognitiva e una testuale. Che il risveglio di quest'ultima sia in corso, del resto, lo si vede da molti sintomi. Oltre all'associazione dei semiotici visivi, negli ultimi anni ne e' sorta un'altra, quella dei semiologi dello spazio. E sembra che nel prossimo autunno anche in Italia avremo una societa' italiana di semiotica testuale. La separazione e' dunque in atto. Da una parte staranno i semiotici che si considerano filosofi del linguaggio, e che dialogano con gli psicologi cognitivi e con i cultori dell'intelligenza artificiale. Dall'altra si collocheranno i semiotici che lavorano sui testi - stanchi ormai di essere definiti degli "applicativi" - e che cercheranno di interagire coi letterati, i musicisti, gli storici dell'arte, i linguisti, gli antropologi. Nel mezzo, amato e benvoluto da entrambe le parti, sta ancora Umberto Eco, che considera la disciplina ancora unica, e spiega le differenze con la metafora dell'ovvia specializzazione all'interno di un grande dipartimento che chiamiamo semiotica. Sara' interessante sentirlo sabato: le domande difficili, con tutta evidenza, non mancheranno. Omar Calabrese

Calabrese Omar


Pagina 33
(25 giugno 1998) - Corriere della Sera
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giovedì 25 settembre 2008

La parole abrégé - Je

… the sun gets here in a brief lapse just when you turn the page… and like in a emotional deferred record it breaks-up in the iridescent voice that leapt – it is so unattended (as seemingly the way to tell of V. Woolf, or Deridda) and wording strand, ashore, ripples, gathering… eventually in a insight monologue (preferably as J. Joyce), abstracted its oscillating silence in rime … so much that it doesn’t even get to paint something else with words. In this case l’ésprite de finesse would try a sea diverting, with all the dolphins (as in Rapphael the triumph of Dorotea), an observatory reef, or a rock in an antique book as stumbling block, which might become a remembrance observatory…as in M. Proust…
To scan lightly the divergences, the misunderstanding, Galileo Galilei modestly proposed to observe, still, if we can, the movement of the sun, but fall, damned, uncomprehended. Yet to turn truth. To give a sign, the wrap idea, the lover that scale the mountain to perceive that oggetto amoroso (H. Hesse) that he cultivates in himself… be what it would be… it remains the headway of a ever consumed hope or the renewal of those subtle wonderings in spring, in its sacred aspect.
And full of dust, I rediscover a text of Ludovico Antonio Muratori belonged to my grand aunt Beatrice Maffei and as she worked in translation, and had experiences in an research library in CNR of Rome, before the second world war (between Futurism and Metaphysic aesthetic thoughts - between natural science and philosophy of life) I want to give You homage of a short art-semiotical study and translation, in the theme above, following some inclination of largest intent, when the book appeared with a turn,like a finger print echo, in the tenth-fifth chapter of the Trattato di Ludovico Antonio Muratori (bibliotecario del Serenissimo Signor Duca di Modena. In Venezia, MDCCXL. Presso Giambattista Pasquali con licenza de' superiori). And as I went on, my attention was all for the sixteenth chapter that I will here shortly recommend “Della Fantasia de' Filosofi”, through Italian.

(...) «Dobbiam dunque distinguere nella Filosofia due differenti sorte di cognizioni, cioè altro è il Sapere, altro l'Immaginare. Il Sapere, che Scienza ancora si appella, viene da Principi Certi, fondata sulla Chiara Evidenza delle cose, e dal retto Raziocinio, per cui da una indubitata notizia altre si deducono di eguale Certezza. All'incontro l'Immaginare è bensì lavorio della Mente, ma v'interviene anche la Fantasia: Medita un trafficante qualche negozio, che può recargli gran lucro. Chiama perciò in rivista le Immagini concernenti quel determinato oggetto, o esistenti già nella Fantasia, o formate allora da lui, cioè dagli accidenti favorevoli, gli ostacoli e i periculi, e i mezzi, che possono guidare al guadagno o alla perdita, e scegliendo dopo lungo scandaglio ciò, che sembra lui più probabile, immagina qual esito si possa promettere di quell'affare. Così egli va trattando di cosa, ch'è per essere, ma che non sa, se poi sarà a misura dei suoi desideri. Altrettanto fa non rade volte anche il Filosofo per ispiegare le cose, che realmente sono, ma non s'intende, come sieno. Giacché indagando i Principi, le Cagioni, le Maniere, le Relazioni &c. di tante cose o Materiali o Intellettuali, scorge, che mancano a lui, e ad altri ancora, Canocchiali e Microscopi per iscorprire il Vero e Certo d'esse: passa a maneggiar le Immagini della Probabilità e Verisimiglianza, tanto che compone una fabbrica, che può forse rappresentare il Vero, ma che non va esente dal pericolo d'essere fondata sul Falso. Se non può giungere ad intendere e mostrare, come sieno effettivamente le cose, immagina almeno, come potrebbono, o dovrebbono essere. Ideare ed Immaginare significa appunto il prendere materiali dalla Fantasia, che poi la Mente va maneggiando in maniera, che ne rifiuta un edifizio nuovo. Per conseguenza ogni sistema e Ipotesi altro non è, che Immaginazione, in cui ha parte ora più ora meno anche la Fantasia, se pure non li vuol taluno appellare manifatture propriamente spettanti a quella Potenza.
Dello stesso calibro non sono, benché nella stessa guisa formati, i Sistemi de' Filosofi. Si ben concertati compariscono alcuni d'essi, che si sostentano forte contro tutte le opposizioni, spiegandoli col supporto d'essi adeguatamente tutti i Fenomeni ed effetti di quella tale materia». (...) p. 198-199.

women as artistis in continuity

Alcune di queste donne artiste sono state rivisitate nella loro storia da Chadwick in uno studio di Women studies - acquistato a Roma - Palazzo delle Istituzioni - 1997

Lavinia Fontana
Artemisia Gentileschi
Sofonisba Anguissola e Lucia
Elisabetta Sirani
Diana Scultori
Marietta Robusti
Properzia De’Rossi
Caterina Van Hemessen
Anna Maria Schurman
Susanna Van Steen Wijck
Judith Leyster
Rachel Ruysch
Clara Peeters
Maria Merian
Rosalba Carriera
Marie Loir
Catherine Read
Francoise Duparc
Mary Delaney
Anne Seymour Damer
Angelica Kauffmann
Elisabeth-Loiuse Vigeé-Lebrun
Anna Vallayer-Coster
Harriet Power
Harriet Hosmer
Emma Stebbins
Edmonia Lewis
Anne Whitney
Vinnie Ream Hoxie
Katie Falkner
Camille Claudel
Georgia O’Keefe
Pablita Velarde
Isabel Bishop
Irene Rice Pereira
Lee Krasner
Dorthy Dehner
Louis Bourgeois
Loise Nevelson
Marisol
Nikki de Saint Phalle
Eva Hesse
Eva Marisaldi
Betye Saar
Lynda Benglis
Jackie Winsor
Michelle Stuart
Alice Aycock
Magdalena Abakanowicz
Judy Chicago
Ana Mendieta
Barbara Kruger
Marina Abramovic
Rebecca Horn
Rachel Whietread
Mary Kelly
Kiki Smith
Ida Applebroog
Helen Chadwick
Sophie Calle

giovedì 18 settembre 2008

relations entre les sciences naturelles et les sciences humaines

Il convegno mette in luce immediatamente il lavoro open_sources del fare scientifico attuale: sempre più wireless alcune delle ricerche attuali che condivido e che ho contribuito a mio modo credo a criticare sono sensibilmente volate da un'emisfero all'altro del globo. Mesi or sono, ormai si parla del febbraio 2008 - curiosando all'interno della problematica della modellizazione (siamo partiti con la definizione lotmaniana del sistema di modelizzazione primario che è la lingua fino ad indagare nelle opere i sistemi di modellizzazione del significato e quindi delle qualità prodotte in chiave di astrazione o di uscita da generi ritenuti erroneamente chiusi e finiti - namely a paritre dalla storia romana a tutte le sue "riprese", fino al Postmodernism, in chiave di riattualizzazione di una semiotica degli stili) ho cominciato a lavorare su alcuni algoritmi conscia che potevano essere euristiche adottabili dagli studenti per controllare le teorie e così sono state costruite delle serie di didattiche incentrate sulla science of writing con prove scritte, specialmente al Liceo Antonio Rosmini di Rovereto, con risultati lodevoli. Anni or sono, conoscendo alcuni dei testi di J. Petitot che ho visto la prima volta ad Urbino nel 2006, se non erro, sognavo di diventare una ricercatrice in filosofia nel mio ambito disciplinare e frequentare la scuola dell'Ecole des Hautes Etudes di Parigi che avevo visitato nel 1999 e dove avevo studiato alcune volte in biblioteca; ma ho intrappreso la SSIS dove ho contribuito a richiedere la formazione della sezione Arte e disegno, sperando nella direzione di Silvio Cattani che era già stato Preside di Faenza (ISIA), SSIS che è stata credo proprio dai francesi "limitata" al capolinea del ruolo di docente, senza possibilità di prosieguo (mi sembra quindi opportuno lamentare l'intersezione tra politica e insegnamento come unica possibilità da accettare o morire, optata da quelli di"lotta continua" nelle scuole per arrivare ai posti superiori, quanto sarebbe interessante forse prevedere una affiliazione con i dottorati per la didattica optando per il riconoscimento della SSIS alla stregua del famoso DEA per chi nella propria laurea magistrale ha presentato piani di studio affini alla ricerca in un dominio [biennalizzazioni et simili approfondimenti disciplinari] attraverso strumenti compatibili: invece che tre anni di dottorato farne un e mezzo "ridotto" attivato solo per prerequisiti di ricerca) il docente medio-superiore è solo un "ripetitore": affamato di aggiornamenti ma cosiderato un ricercatore minore, credo e ci scusiamo per il disagio arrecato ma non tutti credono che per migliorare la governance occorre essere inseriti in politica: c'è anche chi osserva che la politica dovrebbe essere «libera».
Ho posto a Buzzoni la seguente domanda: l'epistemologia riconosce la biografia professionale come oggetto storico culturale? se si deve poterne criticare l'abuso. E la riflessione successiva: può una persona intelligente-dedita, di fronte ad un sistema scolastico mal strutturato, trovare soluzioni migliori perché egli stesso è meglio strutturato? Questa sarebbe alta metacognizione - ma non si dice di solito a quale prezzo...

Parto dalla critica all'inefficacia degli algortmi nella scuola: elaborando le nostre conoscenze già dal quadrato logico semantico di Aristotele, si è infatti da tempo compreso che l'epistemologia adotta strumenti che possono essere efficaci, per la loro ricaduta in ambiti metodologici applicati, in varie scienze. Dal mio punto di vista, lettrice di alcuni dei saggi già nelle varie edizioni di Petitot - Cocorda, ho capito che uno degli elementi restituiti ad esempio da Tarozzi sul problema delle stereotipie e da Mason sulla valutazione, poteva essere stato riletto anche dai greimasiani e peirciani stretti come un aspetto di fondazione delle filosofie del linguaggio dell'estetica già da tempo ma in modo per così dire universalizzante - no bless obblige: chi procura danni cercando il tuo punto forte e trasformandolo in debole, in qualunque contesto informativo e comunicativo e giocando allo scopo distruttivo manifestatamente di concorrenza sleale e specialmente negando trasparenza alle sue proprie azioni e quindi ledendo la tua vita professionale è un terrorista culturale - non un professionista da premiare - Se parliamo di chi aborrisce la retorica in nome della sua antipatia da senso comune (si veda il doppio legame squilibrato che ha avuto il termine, cercherà di farne uso, togliendo di mezzo tutti gli analisti del testo che hanno cominciato con le regole aristoteliche o con lo studio della metafora, ad esempio, in modo inquisitorio e da leggi naziste), trasforma quindi la conoscenza in un idioletto, e non adotta semmai un linguaggio scientifico tuot court, contribuisce suo modo a creare un clima condiviso all'interno delle metodologie della ricerca storica con mezzi da guerriglia semiologica che a mio avviso non sono frutto dell'esercizio della logica per anotomasia: è pura ginnastica speculativa.

Veniamo al convegno di cui ho seguito alcune parti: dopo la curiosa relazione di Buzzoni e quella di D'Ottaviano che presentano i casi limite dell'incontro tra psicologia ed epistemologia come possibilità di ordinare un dominio a sé a distanza, la relazione di Dorato è parsa la più convincente: affiliazione tra scienze umane e scienza della natura, sentimento del tempo, cascata degli universali all'interno delle rispettive possibilità di interazione e semmai, il gusto, in miglioramento ora, di essere in grado di fare qualche riassunto ricapitolativo che ammetta, come farebbero gli scienziati umanisti, le proprie impasse: la relazione di Dorato l'ho percepita più vicina, se devo essere sincera alla modellizzazione di Itten, alla lettura sulle problematiche dell'enunciazione che sono poste tra sacro e profano nella rappresentazione possibile, data per altro all'interno della ricerca sul romanico proprio quest'anno, ma già presa dall'alveolo della geometria descrittiva applicata, che lo studioso riesce a sviluppare costituendo i margini dell'analisi sotto qualche aspetto e capacità, ovvero segmentando a sua volta quel particolare continuo. Se in storia dell'arte, il Battistero di Firenze rappresenta per quanto concerne l'Italia l'emblema di una tale rappresentazione di genere, architettonica, temporale, e persino di cooperazione tra arti ed episteme diverse, si pensi alla tradizionale alta formazione della chiesa, è proprio con la pedagogia della conoscenza, che si parla di ricerca epistemologica, storica e teorica dopo la scoperta dell'America, ad inizio di una modernità, compensata dalle grandi scoperte geometriche, ma certo innestata su aspetti di ricerca che hanno fatto del Rinascimento forse un breve éclat delle potenzialità della cultura latino-rinasciementale, ma certo di uno dei passaggi dal dato, dal fenomeno ai livelli metodologici ed epistemologici della teoria.

È innegabile che la ricerca nelle scienze umane nasca con l'insegnamento che è la sua "veste" pratica: solo con la ribalta, con la comunicazione la scienza diventa quel bagaglio minimo indispensabile che può darsi una logica di senso comunce proprio, che può divenire science of living.

Sotto questo auspicio, mi sembra, ogni «libertà» di ricerca, sia che voglia criticare o indirizzarsi alla rilettura di «microteorie» come la QT che credevo di recente formalizzazone già che l'avevo presa in prestito dalle congetture di Peirce, piuttosto che dalla retorica del quadrato Aristotelico, sembrano «giustamente» essere attualizzate in questa città della pace, come visioni d'insieme, permessi, consensi, a verificare la narratività teorica, la ricaduta nostalgica, la cristallizazione dei paradigmi a cospetto delle teorie ingenue utiizzate spesso nella massa mediologia. La formalizzazione è u procedimento non avulso dall'onestà intellettuale ma presenta passi di rischio che, superati, dovrebbero essere ripaganti quando sono propri.

Nella speranza che Vogliano rendermene atto, ho preso in considerazione un aspetto, quello numerico-storico dove psicologia, semiotica e filosofia del linguaggio sembrano aver accesso per garanzia di una tenuta di episteme, ma talora sono messe a mio avviso un po' ferro e fuoco attraverso alcuni stereotipi cabalistici: ho trovato che le tendenze più metaforizzanti sono espresse nel cinema, proprio nel genere fantascientifico, dove la paura e il coraggio, la prova del nove e l'idea della riduzione, sono ammesse per scoraggiare il peggio: ad ogni costo! Cercate i titoli di film dal 2000 in poi e leggete i titoli e fate il giro della chicciola @ se avete capito il gioco e le sue regole...



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