sabato 22 maggio 2010

EUGENE DELACROIX

[Charenton-Saint-Mauice, Parigi, 1798 – Parigi 1863]
Di estrazione alto borghese, il padre fu ministro e ambasciatore. La formazione di D. è stata conseguita attraverso la collaborazione in ‘studio’, alla stregua della formazione umanistica quattrocentesca, sui modelli di Guérin. Tra i suoi amici – colleghi più stretti ci fu Géricault per il quale posò per la Zattera della Medusa e Gros noto per i suoi quadri di ampio formato con scene di battaglie sul filone storico-narrativo delle imprese napoleoniche.
I suoi studi sono di tipo classico-manierista: Michelangelo, Rubens, artisti connessi alle più importanti corti del loro tempo, che vennero copiati e riprodotti. Tra le tecniche che l’artista ha studiato spiccano gli studi in incisione e acquarello in quanto mediati da forme di istruzione da cui possiamo in parte dedurre la capacità illustrativa alla cui fonte stanno testi letterari La barca di dante (Parigi, Louvre). In continuità con gli aspetti di cronaca storica di Géricault, D. realizza nel 1824 Il massacro di Scio. Nel 1827 con La morte di Sardanapalo D. sembra restituire una sorta di combusta e frenetica resa, in cui i colori sempre più brucianti e l’insieme celebrativo simbolico sembra voler restituire con asprezza ironica la sorte del regime napoleonico. Dal punto di vista compositivo, questo avvicinamento sempre più dichiarato alla maniera, lo porta a riprendere il tema della diagonale in senso scenografico, in stretta relazione con la dinamica di una scena. Per questa coraggiosa progressione verso il proscenio, verso il fruitore, viene citato Rubens per lo sfruttamento dinamico della diagonale, ma possiamo dire che l’artista dipinse la battaglia di Anghiari e restituì ai posteri un dinamismo così acceso da apparire venato di una matrice barocca. La libertà che guida il popolo (Parigi, Louvre), sembra trasposizione in chiave metodologica e filologica della Nike: una vittoria tuttavia apparentemente non certa, una sanzione non del tutto raggiunta. Il modello potrebbe ben essere Géricault, visto lo scambio tra artisti – si notano una serie di figure pressoché uguali in cui le variazioni sono suggerite da accessori che ricompongono lo status sociale. Stride, quasi, la figura sotto la “libertà” per la posizione di implorazione, tuttavia interpretabile come giuramento di fedeltà sul modello urbinate della Pala di Montefeltro, accesa da una cocente passione per i valori democratico-rivoluzionari.
Lo studium: si può dire di quest’ultima opera, che alla stregua del nostro David, la geometria sia totalmente asservita a funzioni compositive più che narrative. Tuttavia la ripresa insolita del punto di vista crea uno scarto scenico, rimette in discussione la fissità del testo non strutturato in modo didascalico e pedante, forse anche a causa del tema, che sembra studiato attraverso una riflessione “partecipata” degli artisti all’atmosfera dei moti rivoluzionari, più che tratto da una risorsa letteraria: il genio non è più solo marcato da l’ésprit de géometrie ma finalmente da una tensione tra gusto e morale ora rese pubbliche che mirano ad una nuova concessione alla finezza, alla sottigliezza dello spirito.
Il viaggio in Marocco: 1832 – il ritorno attraverso la Spagna lo pone di fronte all’opera di Goya. Tuttavia l’esotismo delle campagne francesi sulla costa mediterranea lo portano a tracciare il percorso della Legione Francese ricomponendone i contenuti in un insieme caramelloso e dolciastro, agro e talvolta assopito, dei sapori marocco-tunisini. Stupisce la meticolosa indagine di suppellettili e superfici, ora ricostruite con ben altri modelli come quelli del Tintoretto dove un popolo di derelitti o finti tali, sembra comporre in modo inedito scene di diversa convivialità. L’interesse etnografico di D. non si spense e dette prove di lettura enciclopedica, tal volta al limite, quasi per saggiare contenuti così estranei alla propria cultura, da non poterli trasporre senza un senso di vertigine quasi scollati da un contesto reale. Così l’ordine cromatico, la composizione, così i dettagli esageratamente a fuoco, come colti da un esigenza ormai diaristica e sempre più da pagina di viaggio, sembrano restituiti su una tavolozza di appunti densi di momenti minimali, riprese di azioni, aspetti cinetici, decorazioni, stili architettonici d’interni che verranno restituiti alla stregua del cartone leonardesco al rientro in patria.

L’incontro di cavalieri Maori –1833, Baltimora, The Walters Gallery
Donne d’Algeri – 1834, Parigi, Louvre
Festa di nozze ebraiche in Marocco – 1839, Parigi Louvre

La formazione dal vero, e la ripresa rapida con l’acquarello riempiono vivacemente i taccuini del Marocco. Quest’esperienza così viva e passionale, a contatto con la lividezza del reale, vissuta coraggiosamente nel contatto con l’altro da sé, sarà il modello di una diversa trasposizione dell’antico.

Medea furiosa – 1838, Lilla, Mus. des Beaux-Arts
Giustzia di Traiano – 1840, Rouen, Mus. des Beaux arts
Morte di Marco Aurelio – 1841, Lione, Mus. des Beaux arts

Imprese decorative di grande formato popolano le sale della sala del re a Palazzo Borbone (1833-38) a giudicare dalle date però viene da pensare che, come Giotto, D. facesse i disegni che faceva eseguire ad allievi, mentre era in viaggio, non saprei ma potrebbe … dovremmo fare una ricerca iconografica un po’ più densa.

Successive, degli anni ’40 e ‘60 sono invece le opere decorative di genere sacro: Cappella dei Santi Angeli a Saint Suplice. Circa duemila opere, amicizie letterarie, la fama e poi la scrittura di un proprio Journal ci restituisce un Delacroix vivacemente interessato ad ogni aspetto dell’arte, critico, consapevolmente moderno, un artista “freddamente deliberato a cercare i mezzi di esprimere la passione nella maniera più visibile”: Baudelaire.

Confronti: Géricault, Constable, Turner, Friedrich

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